Cinque Giovani Interessanti da Seguire in Serie A nel 2025

In questo articolo, l’Ultimo Uomo analizza cinque dei giovani talenti più promettenti da seguire in Serie A nel 2025
Vasilije Adžić (18, Juventus e Montenegro)
Adžić è nato a Niskic come Mirko Vucinic ed è cresciuto nel Buducnost come il “genio” Dejan Savicevic: il pedigree più aristocratico possibile per un numero dieci considerato il più splendente giovane talento montenegrino.
Forse è anche per la suggestione che si porta dietro che un anno fa, nel mercato di gennaio 2024, in Serie A si è sviluppata un’asta per acquistare il suo cartellino. Alla fine la Juventus l’ha spuntata sul Bologna, grazie a un’offerta più alta e alla forte volontà di Cristiano Giuntoli di portarlo a Torino.
Adžić è poi rimasto qualche mese in Montenegro e in estate è arrivato alla Juventus, dove ha firmato un contratto triennale in cui il suo impiego è previsto sia per la prima squadra che per la Juventus Next Gen. Stiamo parlando di un ragazzo di 18 anni.

Finora ha faticato a essere incisivo, anche se Motta lo ha convocato spesso, facendolo entrare anche in contesti di partite complessi, dove non ha sfigurato. Contro la Lazio, in particolare, è andato vicino al gol con un tiro forte a incrociare dal limite dell’area: una delle situazioni in cui è più pericoloso. Nella squadra Next Gen, Adžić gira attorno a un’altra punta (spesso Afena Gyan) che va più in profondità.
Adžić è stato paragonato ai giocatori più disparati: Kevin De Bruyne e Jude Bellingham su tutti. Un goffo tentativo di descrivere la sua creatività sulla trequarti e la capacità di essere incisivo grazie soprattutto alla qualità balistica del suo piede destro.
Batte calci d’angolo e punizioni e sa calciare verso la porta d’interno o di collo, con parabole inaccessibili alla maggior parte dei calciatori. Il piede destro di Adžić è speciale e sembra l’assicurazione più grande sul suo futuro: quanto può fallire un giocatore che calcia così bene il pallone? Non si tratta, in fondo, della base del calcio? È intorno a questa qualità che bisogna costruire un calciatore che, per ora, è ancora piuttosto impalpabile.

Da trequartista Adžić non sembra avere - al momento - la forza per reggere i duelli spalle alla porta e per giocare con intensità in spazi stretti. Arretrarlo di qualche metro però allontanerebbe troppo dalla porta il suo tiro, e sarebbe un peccato; sull’esterno forse gli manca il passo. Nei cambi di gioco e negli scambi in spazi stretti la sua qualità, però, è già lampante.
Insomma, Adžić è un giocatore ancora tutto da costruire, ma la qualità del suo piede non è in discussione. A gennaio la Juventus potrebbe decidere di mandarlo a giocare in prestito in Serie A. C’è l’interessamento concreto del Genoa e quello del Cagliari.
Giovanni Leoni (18, Parma e Italia)
Giovanni Leoni è stato una delle sorprese dello scorso campionato di Serie B con la maglia della Sampdoria. Lanciato da Andrea Pirlo nel momento di maggior difficoltà dei blucerchiati, lui ha saputo da subito adattarsi al livello richiesto e in estate si è guadagnato il trasferimento in A, al Parma, che per lui ha pagato 5 milioni di euro più bonus: una cifra di tutto rispetto se si considera che Leoni è nato alla fine di dicembre 2006 e fino alla scorsa estate aveva giocato una decina di partite tra i professionisti. L’impressione che Leoni abbia un gran potenziale e che quei 5 milioni possano rivelarsi un investimento a basso rischio ce l’hanno un po’ tutti.

Deve esserne convinto anche Fabio Pecchia, allenatore del Parma, che lo ha lanciato titolare contro il Venezia a novembre e che non ha avuto paura di mandarlo in campo a freddo contro l’Inter a San Siro dopo l’infortunio del centrale ungherese Balogh. La Serie A è un campionato esigente con i difensori, figurarsi con quelli più giovani: non era scontato che Leoni potesse subito accumulare minuti.
Lo scorso anno era stato schierato soprattutto da centrale di destra di una difesa a tre, posizione che gli consentiva di giocare in maniera più istintiva: Leoni poteva permettersi di uscire con aggressività sull’uomo e di non doversi preoccupare troppo di cosa accadeva alle sue spalle.
Quest’anno, invece, al Parma ha dovuto adattarsi alla difesa a quattro, contesto che lo costringe ad essere più riflessivo e a valutare molte più variabili prima di prendere una decisione. La sua nuova squadra, oltretutto, passa molto tempo a difendere bassa per cercare di ripartire, perciò occorre grande concentrazione.

Fino ad ora, in tutte le sue apparizioni Leoni ha mostrato pregi e difetti simili a quelli della scorsa stagione. L’aspetto più evidente è quanto le sue doti fisiche siano da privilegiato: è alto 193 cm e, vista l’età, non è detto che non possa continuare a crescere.
Nonostante la stazza, però, è piuttosto elastico, e infatti gli piace andare a terra per cercare la scivolata. Con quel corpo può gestire bene gli attaccanti di spalle e le gambe può infilarle dappertutto vista la loro lunghezza.
Il problema è che, trattandosi di un giocatore poco più che maggiorenne, deve imparare a valutare meglio le situazioni. Tende a voler intervenire anche quando non dovrebbe, ma si tratta di qualcosa che potrà migliorare con l’esperienza. Se imparerà ad essere temperato, allora col suo fisico potrà permettersi di essere un centrale dominante.
Francesco Camarda (16, Milan e Italia)
Il 25 novembre 2023 a 15 anni e 260 giorni Francesco Camarda è diventato il più giovane esordiente nella storia della Serie A. A 16 anni e 226 giorni, invece, è diventato il più giovane italiano esordiente in Champions League. Era tanto che il calcio italiano non aveva un predestinato così seguito e atteso.


Quando contro il Cagliari ha giocato titolare, le cose sono andate un po’ meno bene per Camarda, ma ci mancherebbe altro. Al momento, e cioè ora che deve ancora compiere 17 anni, sembra poter già dire la sua tra i professionisti entrando a partita in corso, contro squadre più stanche o basse, che gli permettono di stazionare dentro l’area di rigore, dove è già incredibilmente a suo agio. Per Costacurta solo Inzaghi tra gli attaccanti che ha visto giocare, era più abile nel liberarsi dai marcatori. Anche per questo Fonseca in questi primi mesi gli ha dato fiducia, dandogli più spazio di quanto era lecito aspettarsi, anche per via dei problemi di Morata e Abraham.
Nelle prossime settimane vedremo se anche Conceicao avrà fiducia in Camarda, in ogni caso il 2025 sarà l’anno in cui, tra prima squadra e Milan Futuro, inizierà davvero a costruirsi una carriera, con la speranza, per lui, per il Milan e per tutto il calcio italiano, che sia il più luminosa possibile.
Nico Paz (20, Como e Argentina)
Pablo Paz è un ex difensore centrale argentino, medaglia d’argento alle Olimpiadi del ‘96 e parte della squadra che due anni dopo è arrivata ai quarti del Mondiale francese. Ha avuto una carriera lunga, passata soprattutto in Spagna e la squadra a cui si è più legato è il Tenerife. Durante quei sei anni trascorsi alle Canarie ha messo alla luce un trequartista mancino alto più di un metro e ottancinque: Nico Paz. Potendo scegliere tra Spagna e Argentina, Nico ha preferito la nazionale del padre e, a vent’anni appena compiuti, ha esordito con la prima squadra realizzando un assist per Leo Messi.

È successo tutto piuttosto velocemente. Fino a qualche mese fa Nico Paz era una giovane speranza del Real Madrid Castilla (comunque capace di mettere in imbarazzo il Napoli campione d’Italia segnando il suo primo gol in Champions League) oggi è uno dei giocatori più interessanti e ricchi di qualità della Serie A. Ceduto al Como per sei milioni, una piccola neopromossa ambiziosa, allenata da Cesc Fabregas, Nico Paz ha già segnato 3 gol e realizzato 3 assist, ma soprattutto ha fatto conoscere a tutti la qualità del suo piede sinistro. Parte del gruppo di ristrettissimo formato dai migliori mancini del campionato insieme a Dybala, Dimarco, Bastoni e De Ketelaere.
Nico Paz parte da destra ma ama venire al centro, come mostra la sua heat-map. Gioca in appoggio alla squadra in costruzione, il suo tiro è una minaccia dal limite dell’area ma si inserisce in profondità fin dentro il cuore dell’area di rigore.
Dopo Oristanio e Leao è il giocatore con più dribbling riusciti del campionato e ne tenta quanti Kvaratskhelia. I suoi dribbling significano più cose insieme: carattere (che per un giocatore di 20 anni alla prima esperienza tra i professionisti non è cosa scontata), capacità di resistere alla pressione avversaria anche spalle alla porta, anche in spazi strettissimi, e infine: imprevedibilità, creatività pura.

Nico Paz cerca subito il duello con l’avversario quando ha la palla tra i piedi, con una sicurezza che lascia intravedere potenzialità da grande giocatore. Non è un’ala che gioca a piede invertito e rientra dentro al campo, ma un vero dieci che vuole palla nelle zone più calde di campo ed è in grado di improvvisare la strada verso la porta avversaria un passo alla volta.
Nella prima parte di stagione Nico ci ha sorpreso e stregato. Nella seconda dovrà confermare il suo livello contro squadre che adesso lo vedono come la principale minaccia del Como. Poi, a giugno, sarà il momento di prendere delle decisioni importanti. Il Real Madrid mantiene un diritto di recompra (a una cifra che non conosciamo) ma Nico Paz ha bisogno di qualcuno che creda in lui almeno quanto Nico Paz stesso crede nelle sue qualità.

Alieu Njie (19, Torino e Svezia)
Alla fine di ottobre, nei minuti finali di una partita contro il Como destinata allo 0-0, abbiamo scoperto che il Torino avrebbe potuto fare affidamento su un attaccante che non conoscevamo. Al 75esimo, nemmeno dieci minuti dopo il suo ingresso in campo, ha preso un campanile alzato a caso sulla trequarti avversaria e l’ha trasformato nel gol vittoria.
Prima saltando più in alto di Dossena con le sue gambe lunghe che rimbalzano sul terreno come molle, poi capendo prima degli altri l’errore che stava per commettere Braunöder, che ha appoggiato il pallone di testa al proprio portiere troppo debolmente. A quel punto ha utilizzato di nuovo le sue gambe lunghe per sbrogliare la situazione: ha usato il sinistro come un arpione per anticipare Pepe Reina e poi il destro per chiudere finalmente in rete, sgommando in area tra i difensori avversari come la macchina di uno che si diverte ad usare il freno a mano nel parcheggio vuoto di un centro commerciale.

Si chiama Alieu Njie, è nato in Svezia da genitori gambiani, deve ancora compiere vent’anni. È al Torino da più di tre anni ma solo in questa stagione è riuscito a trovare un allenatore che pensava che potesse fare la differenza anche tra i professionisti. «Njie è una punta che abbiam comprato oggi e non è mica male dai», ha scherzato il presidente del Torino, Urbano Cairo, pochi giorni dopo il suo primo gol in Serie A.
Quando entra in campo, è uno dei pochi giocatori in grado di accelerare il ritmo di una squadra che troppe volte si compiace della sua stessa monotonia. Njie, invece, ha fame, scatta, cerca di mettere più cose possibile dentro la sua partita come se avesse paura di essere dimenticato.
Probabilmente è per questo che Paolo Vanoli continua a metterlo solo a partita in corso, sperando che spacchi la partita. È un prototipo fisico che lo avvicina a Leao, il giocatore a cui dice di ispirarsi: gambe lunghe, isolamenti in uno contro uno e una velocità sul lungo che a volte è inavvicinabile per i suoi avversari. Per questo sembra avere bisogno di molto spazio e quando Vanoli lo ha messo in zone centrali, da seconda punta del suo 3-5-2, lo spazio è sembrato rimpicciolirsi troppo per la sua esuberanza.

Nell’ultima partita, contro il Parma, Vanoli lo ha finalmente inserito da ala sinistra in un 4-2-3-1 e Njie è stato il solito tornado: provando sempre la giocata e commettendo qualche sbavatura. L’impressione è che debba capire ancora come mettere la velocità a servizio della tecnica. Su Instagram, probabilmente deluso, ha scritto: “Ci sono alcune cose su cui devo lavorare. Ma non mi arrenderò mai”.
Con appena una manciata di minuti tra i professionisti sulle spalle, e una partita da titolare in Serie A ancora da giocare, ha tutta la strada davanti.